17/05/16

SEZIONE ANPS DI CANOSA DI PUGLIA . "MIRTA" -RACCONTO DI NUNZIO DI GIULIO. ISPETTORE CAPO DELLA POLIZIA DI STATO IN QUIESCENZA- SOCIO EFFETTIVO

Il sindaco di Canosa di Puglia Dr.Ernesto La Salvia premia Nunzio Di Giulio per questo bellissimo racconto




Nunzio Di Giulio con Manila Nazzaro, presentatrice della RAI ex Miss Italia
in occasione del Premio Dea Ebe, presso la Sala Smeraldo di Canosa di Puglia


 Come ogni anno lanotiziaweb vi propone un racconto natalizio utile a suscitare delle importanti riflessioni nel lettore. Anche in questa occasione è stato prezioso il contributo di Nunzio Di Giulio, Ispettore Capo della Digos di Cerignola, oggi in quiescenza, che ci ha proposto il suo ultimo lavoro, “Mirta”. Il racconto ha visto, tra gli altri, l’impegno di Franco Metta, che ha curato la prefazione, di Salvatore Delvecchio, nella stesura di una presentazione, e di Vito Balzano che ha redatto la presentazione dell’intero racconto. Nei giorni scorsi, inoltre, l’autore di “La Collana di Turchese” e “Mio Nome Marinela”, già Premio Letterario Nazionale “Nicola Zingarelli”, Premio Speciale della Giuria “Non Omnia Possum Omnes” V Edizione 2013, ha ricevuto i complimenti di molti esperti comunicatori in Puglia, tanto che l’annuncio dell’uscita del racconto su lanotiziaweb è stato pubblicizzato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, nella sezione Gazzetta del Nord Barese, e nel Tg di Tele Foggia nella giornata del 21 dicembre. Di seguito l’intero testo completo di presentazioni 
Prefazione
Franco Metta
"Sindaco di Cerignola"
Nunzio Di Giulio Vi racconta un amore “irregolare”; un amore abusivo; perché ignorante delle convenzioni sociali, delle convenienze collettive, delle prassi esistenziali, elette, chissà da chi, a regole ineludibili. E vi racconta di come questo sentimento, il più celebrato, il più cantato, il più scritto, soccomba alla fine. Quasi senza combattere.
Perché, ed è questa la prima amara morale del racconto breve di Di Giulio, anche i protagonisti di questo amore irregolare, abusivo, ignorante, di quelle prassi, di quelle convenzioni, di quelle regole senza padri, sono parte essenziale.
Non si battono, Mirta ed il professore, per quell’amore. Lo vivono intensamente, ma lo lasciano morire senza difenderlo. Mirta passa così ad un amore regolare,ad un amore tradizionale,ad un amore ben addestrato alle regole che- quell’altro amore-voleva infrangere. Mirta sceglie la strada della pianura.
Quella più facile, affatto trasgressiva, liscia e piana come una strada del Tavoliere. Non svelo il finale, ma solo la morale della storia: la felicità non è di un altro mondo, si può inseguire e catturare anche in questo modo: ma bisogna mettersi a rischio; puntare forte, puntare tutto; sfidare quanti ti daranno del “pazzo”.
Inseguire il sogno, senza tentennare, senza dubitare, senza chiedersi che sarà domani, consapevoli che la felicità,come l’amore,è possibile qui, ora, subito, ma costa cara e bisogna pagarsela, offrendo tutta la propria passione,tutto il proprio cuore. Tenendo il cervello solo di scorta.
Specie se quel cervello appartiene ad altri, che hanno deciso per noi quali siano le regole,gli obblighi, le convenzioni. Nunzio Di Giulio racconta con stile quieto, pacato, morbido. Dopo poche frasi il lettore si sente seduto in tinello, con una tazza di caffè in mano ed un affabulatore affascinante che narra. Come bimbi al termine del racconto di una fiaba, viene spontanea sulle labbra la richiesta:
“Continua. E dopo? Che farà  Mirta?” Forse Nunzio ce lo racconterà in futuro, molto presto. Perché il racconto non mi pare una  narrazione esaurita in quanto già scritto, ma sembra appena un primo capitolo di una storia universale dell’amore, che lo scrittore andrà a completare,aggiungendo altri capitoli, altre narrazioni. Altre Mirta.
Presentazione
Salvatore Delvecchio
Mirta: un racconto – una cronistoria: vi si narra che <>.
Un amore intenso, una passione, meglio una <> erotica, agitata da Mirta. L’infatuazione di Mirta, la Protagonista, per il proprio professore Fabrizio è la nota dominante della narrazione. Mirta sa di essere bella e calamitante- Calcola le situazioni, prepara la trama: vuole essere posseduta dal professore, amata con passione. Lascia che gli eventi diano a Fabrizio il convincimento di essere stato lui a conquistarla. Lei è bella, la regia funziona. Solo un po’ di turbamenti in Fabrizio che ha  <> del padre di lei. Comunque una coppia perfetta, così pare.
Mirta, Fabrizio, Diomede, l’Amore, la Paura, il chiacchiericcio della gente,questi le leve che smuovono il racconto. Leve e personaggi illuminati dalla penna di Nunzo Di Giulio, già Ispettore Capo di Polizia, tutore integerrimo dell’ordine sociale e perciò testimone diretto, attento e sensibile, autore di altre opere sinceramente sofferte prima di essere narrate.
Più storie…sono <> di vita, frammenti tattili salvati in narrazione dal flusso senza soste della vita.
L’autore e scrittore attento ed obbiettivo e tuttavia sempre sorpreso e interdetto da increduli stupori. I suoi racconti sono drammi. Ma quello che vivono i nostri personaggi è un dramma in bianco: un treno che parte in solo andata portandosi via sogni e speranze;un interruttore girato portandosi via la luce e bellezza.
L’infatuazione di Mirta è un amore senza radici, un tornado, una vampata senza tempo.
L’ho ha patrocinato per egoismo ma: Fabrizio si disfa per effetto di una irrisoria <> e del <>; in Diomede, secondo uomo,svanisce parimenti a causa <>.
La narrazione, lineare e scorrevole, letta d’un sol fiato, invita il lettore a rileggerla più volte.
Per riassumere; Nunzio osserva, ordina i dati, li mette in salda relazione, quindi, rimanendo solo in apparenza distaccato dai fatti, li solleva dall’ambito della cronaca a quello della storia e dell’etica. Il quotidiano si eternizza nella immaginazione.
Presentazione
Vito Balzano 
Esiste oggi il vero amore? Chi ha il potere per rispondere sì o no a un simile quesito? Dove risiede la certezza dell’unione tra uomo e donna? Questi, e molti altri, quesiti s’intrecciano all’interno di “Mirta”, ultima fatica di Nunzio Di Giulio, Ispettore Capo della Digos, oggi in quiescenza, narratore e poeta del nostro tempo. Una storia che fin dai primi passaggi cattura l’attenzione del lettore e lo riversa in un’apparente realtà dei fatti come poche volte accade. Un incontro-scontro generazionale si snoda all’interno di un rapporto di coppia quasi indissolubile che, la morale prima, e le maldicenze poi acuiscono a dismisura, giocando la parte dei bravi di manzoniana memoria, e producendo un’implosione imprevedibile. Il linguaggio è crudo, reale, senza mezze misure, com’è nello stile dello scrittore; pochi riferimenti, tutti forti, per colorare verosimilmente il racconto. Le descrizioni, dai personaggi ai paesaggi, sono minuziose, condite da metafore e da lucide ricostruzioni che lasciano trasparire la natura umana e professionale dell’autore.
Non si nasconde Di Giulio dietro la maschera pirandelliana che molte volte ha dovuto indossare durante le realtà della propria vita lavorativa, e racconta la storia facendosi trascinare anch’egli dagli eventi e dai colpi di scena che la caratterizzano. Il funzionario di pubblica sicurezza lascia spazio all’autore, il professionista si fa da parte per far strada all’uomo, che, trascrivendo il pensiero, disegna una tipica realtà di paese, una storia che tante volte ci sembra di aver ascoltato nelle nostre mura cittadine, un racconto che ci lascia col dubbio ma che, al tempo stesso, ci dà la certezza della caducità e della fragilità della vita terrena. Nella semplicità dell’autore, e nella scelta stilistica forte e mai banale, è racchiuso il senso di un racconto breve ma intenso, da leggere tutto d’un fiato. Il lettore non potrà restare indifferente rispetto alla descrizione, assai veritiera, dello scibile umano e della sua volubilità. Aspetti questi che caratterizzeranno, come spesso accade, il finale di una storia tutta da vivere. 
fotografia mirta


MIRTA
Un racconto di Nunzio Di Giulio
(Ogni riferimento a fatti, persone, luoghi o cose è puramente casuale)
Mirta, quarta della prole di una ricca famiglia di imprenditori locali, si incamminava verso il Liceo Scientifico del paese. Era il primo giorno di scuola, e il sole splendeva alto nel cielo donando alla città un colore autunnale, gli alberi che cominciavano a perdere le loro foglie, segno di qualcosa che  va via per lasciare spazio a qualcos’altro di diverso.
Mirta, vestita in modo raffinato, era una bella ragazza, dal bel portamento, molto timida non aveva mai ceduto alle lusinghe degli uomini.
In classe i compagni la notarono subito, non le toglievano lo sguardo di dosso. Tutto normale a una certa età. Ma un bel giorno accade qualcosa di inaspettato: entra il Professore di disegno, Fabrizio, apprezzato pittore e fotografo; l’aria da figo, cinquantacinquenne molto giovanile, jeans attillati, giubbottino rosso fuoco.
Dopo un primo approccio con gli studenti notò subito Mirta, forse anche per le sue forme appariscenti e il suo bellissimo viso; non gli sembrava di averla mai vista prima, non avrebbe mai potuto immaginare che un’alunna di così rara bellezza potesse essere in una sua classe.
Già da quel primo giorno, l’aria che si respirava era particolare; Fabrizio guardava Mirta con palese curiosità, lo affascinava, notava che anche lei sembrava guardalo con occhi diversi da quelli di una semplice alunna.
Passano alcuni giorni e Mirta sempre di più trovava in quel Professore una persona fantastica, anche se un po’ stravagante; uomo pieno di valori e di ideali nobili, oltre ad avere gusti simili ai suoi in ogni campo.
Pian piano i loro occhi si incrociavano sempre più spesso, e poi seguirono i primi timidi sorrisi, gli sguardi lunghi e silenziosi… Mirta si era infatuata del Professore sempre di più ma, cosa più particolare, il sentimento pareva essere reciproco.
Il Professore le parlava in un modo garbato e mai viscido, qualche volta le faceva una carezza sulla spalla o sulla guancia, sempre con delicatezza, la guardava intensamente.
Mirta era la sua allieva prediletta, la più dotata e la più attenta; il Professore pian piano cominciava a essere più spigliato, gli piaceva avvicinarsi sempre di più, non perdeva l’occasione per sfiorarle il seno con il gomito, mentre le insegnava i primi approcci in materia di disegno, sfidando il turgore dei suoi capezzoli per poi subito ritrarsi facendo sembrare un movimento casuale.
I loro occhi si cercavano freneticamente, ovunque, sia all’interno della scuola che in cortile. Qualche volta il Professore incontrava la ragazza per strada, parlava con lei, tenendo i suoi occhi magnetici fissi su di lei.
Il problema che tormentava il Professore è che Mirta aveva 17 anni, era minorenne, la desiderava così tanto da non sapere dove sbattere la testa. L’uomo e il Professore si scontravano continuamente… Fabrizio aveva perso la testa per quella ragazza, così unica e meravigliosa ai suoi occhi.
I due cominciarono a vedersi di nascosto, incontri brevi e furtivi. Il Professore portava Mirta nel suo studio – laboratorio di pittura ove erano affisse molte delle sue opere, quasi tutte raffiguranti ragazze svestite in pose artistiche.
Conversavano sottovoce, i silenzi, gli  sguardi nelle sere d’autunno, creavano un alone di magia.
Mirta si lascia corteggiare, ponendo l’iniziativa nelle mani di Fabrizio che a sua volta le chiede di posare nuda per lui, vuole realizzare dei dipinti che la  ritraggono. Fabrizio è famoso, i suoi nudi artistici sono molto richiesti, venduti a caro prezzo.
Mirta prova attrazione per il Professore, in modo sottile e delicato, comincia a sedurre Fabrizio, facendo apparire tutto casuale, cosi da far ricadere il compito della conquista tutto su Fabrizio. Si comporta da donna a soli 17 anni, lo aiuta, lo favorisce, lo stuzzica, sta per accadere qualcosa che deve rimanere segretissimo. Nessuno deve sapere nulla.
Fabrizio ha paura, la desidera tanto, la devastante procacità di Mirta, il suo sguardo ambiguo, gli fanno venire le vertigini, ma ha paura e indugia a chiederle di far l’amore con lui. Istinto umano e questione morale si scontrano bruscamente.
Mirta incontra il Professore su un autobus di linea, gli sussurra: “Stanotte ho sognato di fare l’amore con te, ho sognato di donarti il mio corpo, i miei respiri, i miei pensieri…”. Fabrizio la invita per il giorno dopo nel suo studio, raccontandole che deve farle vedere un bozzetto  di disegno che la raffigura.
Era una sera di Dicembre, una pioggia fittissima avvolgeva le case, spirava un vento forte, la città oscurata brillava solo per i lampi accecanti, e i tuoni scuotevano il silenzio, Mirta entra furtiva nello studio del suo Professore, si toglie il soprabito, lo poggia delicatamente sulla poltrona, si aggiusta un po’ i capelli, rimane in piedi, d’avanti al divano turchese posto all’angolo dello studio.
Fabrizio si avvicina a Mirta, le sussurra “quanto sei bella Mirta, voglio averti”; con mano tremolante accarezza i capelli, “mi piacciono i tuoi occhi, il tuo sorriso, quanto sei bella Mirta, ti prego tienimi le mani per un momento”. La luce di un’abatjour proiettava ombre sinuose sulle pareti, presagio  di uno spettacolo dai contorni romantici, goccioline di sudore colavano lungo la pelle di Mirta, trattenne il respiro, Fabrizio sentiva l’odore di donna, finalmente poggiò le sua labbra umide semiaperte in un bacio bagnato, Mirta era in piedi, si fece sfilare delicatamente la gonna, non opponendo nessuna difesa, desiderava essere sua, gli sussurrò: “Professore voglio donarti la mia verginità”. Fabrizio le sfilò il maglione, il reggiseno, e le mutandine di pizzo, che lui prese tra le mani, poi baciò le sue spalle, fino all’incrocio dei fianchi. Lui si muoveva con molta calma, a poco a poco crebbe l’eccitazione in Mirta, i corpi si avvinghiarono in una sola passione, le loro gambe si intrecciarono. Mirta era felice e immobile, stretta in quell’intreccio di braccia e di gambe.
Non esisteva più nulla, c’erano solo loro, estasiati l’uno dell’altro, in un abbraccio dal tempo infinito.
Seguirono lunghe passeggiate in riva al mare, Mirta stringeva forte la mano del suo Professore, si sentiva rassicurata, protetta. I loro incontri si fecero assidui; in quello studio Fabrizio fotografava ripetutamente Mirta, per poi realizzare meravigliosi dipinti che andavano ad arredare molti studi di avvocati, imprenditori e vari professionisti della città. Passavano intere serate sempre con maggiore intimità, erano in perfetta sintonia. Per Mirta era bello chiacchierare con la persona che la comprendeva, la stimolava; il Professore dimostrava sempre di più una sensibilità non indifferente, erano entusiasti uno dell’altra.
Il professore, ormai, preso dalla passione diventava sempre più spregiudicato, una sera decise di portare Mirta con se a un mostra d’arte. Mirta si trovò in un immenso salone pieno di tanti colori e forme, con tante persone del luogo che la guardavano con curiosità, conoscevano la sua famiglia.
Gli incontri con il professore continuavano assiduamente; in prima serata lei andava da lui, si incontravano, si amavano. Il chiacchiericcio della gente però si sa corre molto velocemente, Mirta frequenta un uomo molto più grande di lei; voci di popolo che giungono al padre della giovane che interviene energicamente, vietandole di uscire. Il Professore, quindi, spaventato per quanto accaduto decide di trasferirsi altrove.
Mirta, assalita dallo sconforto per la mancanza del suo uomo, venne avvolta dal silenzio, dal delirio; una sera cadde in terra strepitando, il suo corpo aggredito da sussulti e conati di vomito. I suoi genitori accorsero la presero e la portarono subito al pronto soccorso dove, i medici, consigliarono di trasferirla in una clinica specializzata.
Mirta passò mesi senza riuscire a nutrirsi, era diventata anoressica. Padre Raimondo, frate del convento francescano, confessore e amico di Mirta, si recò molte volte a trovarla. Mirta aveva con il frate un rapporto privilegiato, nutriva per lui una profonda stima.
Pian piano, con l’aiuto del frate, Mirta cominciò a sentirsi meglio, riprese a nutrirsi e tornò a casa.
Passa il tempo, Mirta ormai era maggiorenne, per evitare le malelingue del paese non usciva quasi mai, trovava  rifugio in facebook, stava ore e ore al computer; una sera conobbe Diomede, cominciarono a scriversi sempre di più, si ritrovavano in chat, si scambiarono tante promesse e frasi d’amore, fino a giungere ai numeri di cellulare, che permisero ai due di incontrarsi.
L’amore corre veloce, un po’ come le malelingue del paese che avevano raggiunto anche Diomede; tra i due però era scoccato il colpo di fulmine, tanto che decisero di organizzare  con rapidità il loro matrimonio.
Passano i giorni velocemente, il giorno del matrimonio si avvicina, Mirta sogna il suo sì sull’altare della sua parrocchia…
Il giorno era arrivato, di buon mattino Mirta si sentiva pronta, si era preparata accuratamente, la truccatrice disegnò il suo viso già meraviglioso, poi passò a indossare il suo vestito bianco, le gambe tremavano, il cuore batteva forte; alle ore 12:00 doveva presentarsi in chiesa. Mirta, a bordo di una lussuosa  auto, accompagnata dal padre, si avviò verso la chiesa; Diomede era già sull’altare, cercava  freneticamente di asciugarsi le copiose lacrime che gli scendevano lungo il viso, mostrava un inverosimile nervosismo, la melodia della musica volava alta nella chiesa, il padre accompagnava Mirta avvolta dal suo vestito bianco, sembrava un angelo, era bella più che mai; la chiesa gremita di gente, pochi passi e si trovò sull’altare vicino al suo amore.
La cerimonia ebbe inizio, si stava avvicinando il momento del sì, il sacerdote  rivolge a lui la domanda di rito, ma ecco che accade quello che nessuno avrebbe potuto mai immaginare: Diomede, con un  scatto repentino, scappa via dalla chiesa, si allontana velocemente dal luogo con la propria auto.
Le maledizioni delle malelingue avevano imprigionato Diomede!
In chiesa calò il silenzio, una scena da film tragico. Dal volto di Mirta era sparito il sorriso, i suoi occhi versavano lacrime amare, gli invitati pietrificati; un debole raggio di sole tentava inutilmente di illuminare il volto di Mirta, impietrita anch’essa.
Quel silenzio lacerante, che caratterizzò la scena surreale, portò via con sé l’amore e le speranze di Mirta, troppo presto divenuta donna e ancor più in fretta vittima del perverso gioco delle malelingue.


























3 commenti:

  1. Complimenti Nunzio per questo bellissimo racconto, l'ho letto in un fiato. Questa purtroppo è la realtà della nostra vita. Le malelingue fanno male a tutti spudoratamente.

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    2. Gentilissimo Franco,non sono pratico di internet, con immenso piacere ho letto il tuo commento su Mirta. Non sono uno scrittore ma un racconta storie di fatti veri che vanno a colpire la mente sensibile del lettore. Le malelimgue , purtroppo, infestano la vita quotidiana delle persone. Sarei felice se dai uno sguardo al mio racconto " La Collana di Turchese, con una tua pregevole personale presentazinone.Grazie-Cordialità Nunzio di Giulio

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