30/05/16

SEZIONE DI CANOSA DI PUGLIA - DIANA E GAMIN RACCONTO DI NUNZIO DI GIULIO









Per la rubrica “Storie”, nella settimana di Pasqua proponiamo un breve racconto dal titolo “Diana & Gamin”, scritto da Nunzio Di Giulio, Ispettore Capo della Polizia di Stato Responsabile della Digos del Commissariato di P.S. di Cerignola in pensione. Di seguito il testo integrale.
Prefazione
Nunzio Di Giulio racconta una storia del cuore. Un cammino lungo quasi tremila chilometri per rendere omaggio a un grande italiano. Ma il cammino è solo la scusa, attraverso la quale la penna di Di Giulio descrive la storia millenaria della terra e della gente che la abita. Le parole sono pennellate sulla tela che l’Italia e la Puglia hanno messo a disposizione di chiunque abbia voglia di descriverle.
Mattia Giuramento e Emiliano Scalia, Scrittori -Giornalisti Sky
Diana & Gamin
In un pomeriggio avanzato, nella terza settimana di ottobre 2015, come da tradizione ci trattenevamo sotto le arcate della storica Masseria “Le Torri 1758”, posta sull’antica strada Francigena, sponda nord del fiume Ofanto, tra Cerignola e Canosa di Puglia, accanto alla chiesa di San Casimiro. L’autunno regalava raffinate tonalità rosee e all’orizzonte si vedevano improvvisi cambiamenti di tinte. Le nubi bianche lestamente si apprestavano a trasmigrare, assumendo le forme più varie. I piccioni ritornavano nella loro piccionaia sicura, il falco svolazzava a caccia della preda da divorare.
Donato era intento a lavorare il mosto profumato, Sabino S. girava lentamente il mestolo nel pentolone sul fuoco. Lavorava pazientemente il vino cotto, come da nostra tradizione. Peppino e Tonino, come al solito, osservavano intensamente delle ragazze dell’est che di fronte alla masseria si apprestavano a indossare i loro scialli colorati per far rientro in città dopo una laboriosa giornata nei campi.
Inaspettatamente Michele, sicuro di un miraggio dovuto all’effetto della grappa da lui fabbricata e da tutti noi bevuta, sobbalzò dalla sedia: una minuta figura di donna brandiva le redini di un asinello carico di bisacce varie e delicatamente lo trascinava dirigendosi verso di noi. La donna era piccola. I capelli biondi le sfioravano le spalle e le coprivano parte del viso dai tratti eleganti, raffinati, sul quale spiccavano due vivaci occhi azzurri.
Con accento francese e con fare disarmante, disse: ”Mi chiamo Diana Kennedy e lui è Gamin”, indicando l’asinello. “Vengo a piedi dalla Francia, sono in pellegrinaggio, devo raggiungere Maglie, Città dell’On. Aldo Moro”. Gamin scuoteva la testa come per presentarsi. Diana continuò: “Mi fate dormire qui nell’aia? Ho una tenda, io e Gamin non daremo fastidio”.
Donato, il gigante buono del gruppo, si alzò e accarezzò Gamin. Frettolosamente lo portò sotto l’androne liberandolo di ogni bisaccia. Invitammo subito Diana a entrare nei locali della masseria, assicurandole che le sarebbe stata offerta ogni ospitalità. La ragazza quasi religiosamente ringraziò. Gamin scuoteva la testa ragliando, a suo modo ringraziando anche lui. Accanto al camino acceso e con un bicchiere di grappa in mano Diana raccontò la sua  storia.
Disegnatrice e fumettista tedesca, Diana viveva in Francia, da dove era partita in compagnia del suo fedele asinello Gamin, per far visita alla tomba e al paese natio del nostro eroe ucciso dalle Brigate Rosse. Ci raccontò il perché del viaggio: “Aldo Moro ha fatto parte della mia infanzia”, disse, “erano gli anni del terrorismo, anche in Germania. Avevo 12 anni, un’età in cui gli occhi si aprono al mondo e certe cose mi facevano paura. Il suo rapimento fu un colpo anche per me: dappertutto c’erano le foto del suo sequestro. Quando fu trovato morto rimasi senza parole davanti alle pagine dei giornali. Un ricordo che è tornato ad affiorare un paio di anni fa, quando il suo sguardo e il suo essere mite ma insieme forte mi ha fatto sentire il bisogno di visitare la sua tomba, conoscere il suo paese e la sua gente. Ma per farlo non potevo venire in macchina, volevo una totale immersione. Così ho iniziato a studiare l’italiano e ho comprato Gamin”.
Noi, abituati ad ospitare e rifocillare tanti pellegrini che transitano nei pressi della masseria provenienti da paesi nordici, soprattutto dalla Russia, diretti in Terra Santa, mai avremmo potuto immaginare di incontrare un donna che con la sola compagnia di un asinello stava percorrendo l’Italia da circa sei mesi per raggiungere Maglie.
Diana iniziò a coltivare la passione per l’uomo politico ucciso dalle Brigate Rosse quando aveva undici anni. L’artista tedesca ha pubblicato diversi volumi di fumetti di successo e in nessuno di questi mancano riferimenti ad Aldo Moro. Nonostante sia piuttosto conosciuta in Germania, Francia e Inghilterra, in Italia praticamente nessuno l’ha mai sentita nominare. ”Questo leader politico italiano, rapito e assassinato dalle Brigate Rosse nel 1978, ha segnato la mia infanzia e gioca un ruolo importante nel mio lavoro artistico e nella mia vita spirituale. Un pellegrinaggio in suo onore era una vocazione del cuore”, ci dice Diana.
“Sono partita da Harsaut, piccolo paese francese della Lorena, dove ho comprato il mio asino Gamin. Sono entrata in Italia dalla Liguria. Il primo paese italiano dal quale sono transitata è stato Olivetta San Michele, dove ho fatto la prima sosta. Lì la gente ligure non mi ha parlato bene dei pugliesi, mi hanno allertata dicendomi che in Puglia ci sono figuri loschi. Sono entrata in Toscana e poi nel Lazio. Dopo aver transitato a Gradoli mi sono recata a Torrita Tiberina, in provincia di Roma, per visitare la tomba di Aldo Moro”.
A questo punto Diana aveva percorso all’incirca 1.800 chilometri. Dal Lazio ha poi proseguito alla volta dell’Abruzzo e del Molise percorrendo strade e tratturi di campagna interne, per poi entrare in Puglia. Il primo comune della nostra regione che ha attraversato è stato Torremaggiore.
Diana, finalmente, presso la Masseria Le Torri si sente a casa, avvolta e riscaldata da amici mai incontrati sul suo cammino. In un’epoca in cui il tempo è scandito dalla ricerca del denaro e dal consumo di una informazione continua; in cui non c’è un momento da dedicare all’analisi, alla riflessione ed al giudizio su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e nel quale la finanza e la moda dettano la vita all’uomo mentre povertà e semplicità vengono vissute come colpa, ecco apparire una donna non più giovanissima, non più sensibile al richiamo della ricchezza, degli onori e del successo sociale, ma determinata e ferma nei suoi propositi. Vuole visitare la tomba di un uomo, un italiano morto per le sue idee: Aldo Moro. Lei non è italiana. E’ tedesca. E non si accontenta di visitarne la tomba, vuole anche sentire l’humus della terra che lo ha visto nascere. E così attraversa l’Europa e percorre palmo a palmo fino a Maglie la terra di Puglia: la terra che ha forgiato e nutrito l’uomo. Ma non è sola. Come in una favola ambientata al tempo e nella terra di Cristo, lei si muove a piedi e in compagnia di un asino che le porta i bagagli, i disegni e il suo diario. E non segue le strade ben tracciate dalla nostra modernità ma sentieri, viottoli e terreni incolti. Molti la guardano stupiti. Altri la mettono in guardia dai pericoli insiti in un viaggio in una terra, la Puglia, tanto lontana dal Nord e quindi “selvaggia”, secondo un certo immaginario popolare che vede nel Nord il motore immobile o motore primo di tutte le civiltà, se si escludono ovviamente quella delle camere a gas e quella della ghigliottina. Altri ancora la ospitano e ne diventano amici. Il suo è un viaggio senza tempo. Si svolge oggi ma potrebbe essere avvenuto secoli fa. Il Viaggio di questa donna accompagnata da un asino è la metafora del bisogno dell’uomo di trovare la strada che lo porti alla verità. E questo ci riporta alla mente Ulisse, archetipo del viaggiatore e dell’uomo desideroso di nuove esperienze, che tante parti d’Italia ha toccato nel suo lungo peregrinare prima di tornare alla sua amata Itaca. E, ancora, “l’Epopea di Gilgames”, l’opera letteraria più antica di ambientazione sumerica, risalente al 2500 a C., il cui giovane protagonista, dopo aver trovato nel viaggio avventura e gloria è costretto a confrontarsi col dolore della perdita di un affetto, per poi continuare a cercare una risposta all’eterno mistero della vita e del destino dell’uomo dopo la morte. La Puglia si presta a questa occasione di conoscenze, di emozioni, di speranze, di scambi culturali ed etnici. E qui l’Oriente, incontrandosi con l’Occidente, regala ad esso la civiltà e la saggezza dei popoli antichi. Infatti, questa terra, nel suo lungo divenire, è stata plasmata dalla cultura dei minoici, che nel secondo millennio a.C. avevano già punti di approdo e scambi commerciali nel sud della regione, e poi dai popoli illirici, dei quali i pugliesi -Japigi- sono discendenti, e ancora dalla cultura e dalla popolazione greca, longobarda, normanno-sveva, bizantina, che tante meravigliose chiese e castelli ci hanno lasciato, ed infine angioina e spagnola. Ognuna di queste culture ha dato e ricevuto qualcosa in un libero scambio di arte, di idee e di tolleranza. Quest’ultima tanto forte in questo popolo pugliese, oggi nell’accoglienza, ieri nelle idee di dialogo politico di Aldo Moro, sempre disponibile a misurare la propria idea politica con quella dei suoi avversari. Dialogo politico e tolleranza che in altre regioni italiane ed in altri paesi europei non sempre sono compresi, mancando evidentemente quella stratificazione di eventi storici, culturali e di rimescolamento genetico che sono caratteristiche peculiari delle aree geografiche meridionali. Ricordiamo ogni tanto, per non dimenticare le nostre radici magno-greche, i versi del poeta Orazio Flacco di Venosa, con i quali esprimeva il paradosso di una potenza militare e politica –Roma-, che fu sbaragliata dalla superiorità culturale del mondo greco: “Graecia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio” (la Grecia vinta fece prigioniero il suo rude vincitore e diffuse le arti nel Lazio contadino).
Davanti al focolare con Gamin vicino come in una notte di Natale Nunzio, scrittore-poeta dei nostri tempi, rassicura Diana e le racconta che attraverserà la nostra amata Puglia, dove non ci sono solo figuri loschi ma castelli e cattedrali, trulli e grotte, santuari e masserie. Ci sono anche tanti posti dei quali non le parlerà mai nessuno e che ritroverà nel carattere della gente, uno spirito dei luoghi per capire lo spirito di un popolo. Sono Puglie umili e silenziose che potrai scoprire ad ogni passo se soltanto le vorrai degnare dell’attenzione di un sguardo. Sono le Puglie di una bellezza che trafigge come un dolore se soltanto vorrai accorgerti di loro. Sono Puglie che si raccontano da sole se soltanto vorrai star ad ascoltarne la voce. Come la voce della Macchia Mediterranea, quell’intreccio di piante basse e robuste figlie di una terra della straordinaria capacità di adattamento. Il groviglio, la forma delle foglie, il loro spessore la proteggono dalle ore incandescenti e dall’aridità fino al punto che solo la macchia è sempre verde, conservando l’umidità della notte e dando vita tanto a sé stessa quanto alle creature che vi si rifugiano. Un prodigio tutto pugliese sulla voglia di resistere, l’equilibrio spontaneo di un ambiente che -se offeso- si vendica come un filo d’erba che perfora il cemento. Cara Diana, lo stesso prodigio, da Puglia silenziosa, sono le mani dei contadini; quelle mani nodose e contorte che per millenni hanno combattuto contro la maledizione delle pietre spuntate da sole. E picchiando sulla roccia le zappe ne hanno fatto un giardino di orti profumati come oasi di deserto. E quei miliardi di pietre, se proprio dovevano essere tante, le mani dei contadini le hanno fatto diventare teoria infinita di muretti a secco che sono invece anch’essi una straordinaria riserva di umidità, con la brina centellinata come grandi anime che raccolgono per donare una magia. Silenziosi sono anche gli ulivi, non meno nodosi e contorti delle mani dei contadini. Gli ulivi sono monumenti sacri alla sofferenza, voglia di vivere quando è più facile morire, capaci di contorcersi con enorme fatica ma non di spezzarsi mai. Cara Diana, la Puglia silenziosa è quell’olio che con un pezzo di pane e un pizzico di sale, è l’incredibile sfida della semplicità alla pomposità di mille tavole da re. Prodigio della Puglia silenziosa è quella accoglienza che tiene sempre la porta aperta per il viaggiatore, quella tavola sempre pronta per l’ospite che potrebbe essere una divinità in incognito, come era preoccupazione degli antichi greci che pensavano che l’ospite straniero potesse essere lo stesso Zeus Xenios, protettore degli ospiti. Quel sorriso pronto che non ti fa sentire mai straniero e il contrasto del bianco latte dei muri con il rosso fuoco del peperoncino a seccare, i balconi colmi di gerani. Le Puglie dove i paesi non sono mai soli nel desolato mondo della solitudine. Cara Diana sì, è vero, in fondo si viaggia per tornare prima o poi indietro, ma tu fatti cullare dal prodigio delle Puglie silenziose di novembre. Tu ci lascerai qualcosa di te. Ma qualcos’altro porterai via.
Donato e Michele caricano le bisacce e la tenda in groppa a Gamin. Il sole rosso fuoco sta per tramontare ad ovest, Diana e Gamin riprendono la strada verso sud, noi assistiamo in silenzio non volendoci separare da quella donna valorosa, l’accompagnammo fin sul ponte Romano sull’Ofanto. Piano piano Diana e Gamin scomparvero all’orizzonte. Facemmo rientro in masseria ove ci attanagliò il silenzio, così profondo che sembrava parlante.
Dopo sette mesi e 2.700 chilometri percorsi a piedi accompagnata dal fedele asinello, Diana si fermò a Fasano per rendere omaggio sulla tomba del Brigadiere della Polizia Francesco Zizzi, trucidato dalle Brigate Rosse, capo scorta dell’On Moro e amico personale di Nunzio Di Giulio con il quale aveva frequentato il corso di polizia a Caserta. Domenica 15 novembre 2015, Diana arriverà a Maglie davanti alla statua di Aldo Moro, e si scioglierà in lacrime. L’artista Diana ha compiuto il suo pellegrinaggio. Maglie l’ha accolta con calore e affetto. Un viaggio difficile, complicato dalle condizioni meteo avverse, ma alla fine Diana ha raggiunto il suo scopo.
Diana ha compiuto il suo pellegrinaggio in solitudine senza particolari aiuti, solo quelli delle persone generose che hanno voluto essergli accanto. 

Presidente Paolo Zingarelli

26/05/16

LA SEZIONE ANPS DI CANOSA DI PUGLIA HA PARTECIPATO AL 164° ANNIVERSARIO DELLA FESTA DELLA POLIZIA

Oggi giovedì 26 maggio 2016 il direttivo della sezione di Canosa di puglia ha partecipato al 164°
anniversario della Festa della Polizia, presso il Centro Polifunzionale della Polizia di Stato di Bari:




Presidente Paolo Zingarelli

21/05/16

SEZIONE DI CANOSA DI PUGLIA. NUNZIO DI GIULIO - PREMIO LETTERARIO ZINGARELLI




“Conosco una Cerignola di cui non parla mai nessuno”


Foto premio zingarelli Di Giulio 


Tutti ricorderanno il Premio Letterario Zingarelli, evento svoltosi in Aprile, nella splendida cornice del Teatro Mercadante di Cerignola. Un momento interessante, con molti spunti di riflessione, ma con un particolare che a distanza di settimane fa ancora riflettere e lascia senza parole. In occasione di quel sabato sera, il canosino Nunzio Di Giulio, ex Ispettore della Digos di Cerignola, è stato insignito del premio speciale “non omnia possumus omnes” (non tutti possiamo tutto), con vivo apprezzamento di quanti hanno presieduto le giurie. La manifestazione, che ha beneficiato dell’Alto Patronato e della Medaglia del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha visto la premiazione di molti personaggi illustri della scena italiana. Ma come spesso accade, lo spunto più interessante, vuoi per il suo passato professionale, vuoi per l’amore riposto nei soggetti più deboli, è scaturito dalle dichiarazioni di Di Giulio il quale, all’atto della premiazione, rivolgendosi al Sindaco Antonio Giannatempo, seduto in prima fila, ha esclamato: «A Cerignola c’è tanta brava gente, persone speciali, introvabili in altri posti; Sindaco, esiste un’altra Cerignola ed è qui davanti a noi, in questo teatro».
Una vita trascorsa tra storie di sopraffazione e violenza, oltre che crimini efferati e casi irrisolti, hanno lasciato un segno indelebile nella memoria dell’ex ispettore. Il premio, che gli è stato consegnato per i due racconti “La Collana di Turchese” e “Mio nome Marinela”, pubblicati molti mesi fa da lanotiziaweb.it e che hanno scosso le coscienze di molti lettori, ha permesso anche all’autore di spiegare meglio la propria idea sulla nostra città, rivolgendosi sempre al Primo Cittadino, leggendo uno dei suoi ultimi appunti:
“Conosco una Cerignola di cui non parla mai nessuno, umile e silenziosa, che si scopre ad ogni passo tra la gente, se soltanto la si vuole degnare di uno sguardo, di un po’ di attenzione e gentilezza.
Una Cerignola che non ti fa sentire mai estraneo. Quella dei braccianti agricoli con i visi marcati, con le mani callose, contorte che per anni hanno zappato la terra facendola diventare unica, fertile e profumata.
Una Cerignola dalle piante con forme contorte che danno frutti sublimi, soprattutto dagli ulivi che danno un olio dal profumo intenso, e le vigne che danno uve e vini pregiati.
La Cerignola della Madonna di Ripalta con l’intensa e commossa partecipazione della gente.
Non so se io ho fatto qualcosa per Cerignola, ma in me sta tanta Cerignola…”.
«Questo breve pensiero – ha poi spiegato Di Giulio -, mi è balzato alla mente leggendo alcuni commenti sul quotidiano Lanotiziaweb, in merito a una delle tante operazioni di cronaca. C’era un lettore che, firmandosi con un nick name, in un passaggio raccontava di “tanta brava gente che c’è a Cerignola che non vuole andare in giro per il mondo con il marchio della cerignolanità appiccicato addosso come una stella di Davide. Ci guardano tutti come se fossimo degli Ebrei di fronte ad Hitler”. Ecco, a questo cittadino vorrei dire che esiste un’altra Cerignola che oggi è qui davanti a noi e che ogni giorno vive in tutta quella brava gente di cui lui parla. A lui e a tutti i cerignolani, alla brava gente che c’è ed è viva oggi più che mai, la mia dedica». Queste le parole commosse d’ex ispettore, primo Cittadino Onorario di Cerignola, all’atto della premiazione “per aver unito l’esperienza della divisa con quella della vita versando con l’inchiostro emozioni che toccano sentimenti nascosti nella memoria” (questa la motivazione, ndr.), dopo aver ringraziato Antonio Daddario, Presidente del Premio Letterario Zingarelli, Franco Conte, Consigliere comunale delegato alla Cultura, e il Presidente di giuria Giovanni Lo Storto, Vice Direttore dell’Università Luiss di Roma.

20/05/16

SEZIONE ANPS DI CANOSA DI PUGLIA. INVITO DI NUNZIO DI GIULIO NELLA GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE



Giornata contro la violenza sulle donne: l’invito di Nunzio Di Giulio





E’ un tema che interessa sempre più l’informazione pubblica e che non può lasciare indifferenti tanto il mondo della politica quanto la società civile: il rispetto per i diritti delle donne. Con occhio attento a questa tematica, anche Cerignola sta portando avanti una serie di incontri ed eventi per sensibilizzare i cittadini nella giornata contro le violenze sulle donne. Diritti calpestati, dignità strappata, senso di impotenza, questi i temi che più caratterizzano oggi la crisi di valori che avvolge il mondo post-moderno. I diritti delle donne, in quanto diritti, hanno l’obbligo d’essere traino essenziale del vivere comune. Il rispetto per l’altro in quanto persona è elemento essenziale di civiltà. Così fra oggi e domani anche i movimenti di settore, come lo SNOQ, organizzano diversi eventi: ad esempio l’iniziativa svoltasi stamane nei pressi della villa comunale, “Portiamo le nostre scarpe per essere al fianco delle donne vittime di femminicidio”; ancora, quella di domani, lunedì 25, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, presso l’aula magna dell’Istituto Tecnico Agrario “Pavoncelli”, col convegno dal titolo “Approccio psicologico e dinamiche di difesa contro la violenza di genere”.
Anche lanotiziaweb, unendosi al motore di questa giornata così significativa per la società moderna, regala una nota della Polizia di Stato, inviataci da Nunzio Di Giulio, da sempre attento al tema del rispetto dei diritti delle donne, nella quale siamo certi si racchiuda molto del senso di una simile mobilitazione.
Nunzio-Di-Giulio
SAPPI CHE: MENTRE URLI ALLA TUA DONNA C’E’ UN UOMO CHE DESIDERA PARLARLE ALL’ORECCHIO. MENTRE UMILI, OFFENDI, INSULTI E SMINUISCI LA TUA DONNA C’E’ UN UOMO CHE LA CORTEGGIA E LE RICORDA CHE E’ UNA GRAN DONNA. MENTRE LA VIOLENTI C’E’ UN UOMO CHE DESIDERA FAR L’AMORE CON LEI. MENTRE LA FAI PIANGERE C’E’ UN UOMO CHE LE RUBA SORRISI.
Invito tutte le DONNE a copiare quanto sopra sul loro profilo, come protesta contro la violenza sulle DONNE.
Da una nota delle donne della Polizia di Stato – Nunzio Di Giulio, Ispettore Capo della Polizia di Stato in Quiescenza.

SEZIONE DI CANOSA DI PUGLIA - NUNZIO DI GIULIO -RACCONTO







Estate al Mare in compagnia de “La Collana di Turchese”


Estate in spiaggia, passeggiando sul bagnasciuga o immergendosi in acqua nel tentativo di un minimo refrigerio. Magari sotto l’ombrellone, in compagnia di un buon libro, o anche solo di un racconto avvincente. Quest’ultimo è ciò che propone lanotiziaweb.it per quest’estate. Un racconto breve, in cinque puntate, scritto dall’Ex Ispettore Capo della Digos di Cerignola, Nunzio Di Giulio, dal titolo “La Collana di Turchese”. Un degno compagno in spiaggia, particolarmente adatto a un pubblico femminile, vi farà passare un’estate diversa, all’insegna anche della lettura, merce sempre più rara di questi tempi. Oggi vi proponiamo la prima di cinque uscite settimanali.
“La Collana di Turchese”, di Nunzio Di Giulio
Prefazione
Questo lavoro nasce da una passione: raccontare l’amore, con le sue difficoltà e con i suoi momenti felici, in modo spontaneo, senza tecnicismi d’autore consumato. Nunzio Di Giulio, ex Ispettore Capo della Digos di Cerignola, fin dalle prime battute del racconto, lascia trasparire la sua volontà di narratore affascinato, di contastorie introverso e riflessivo, di autore semplice ed efficace. Un racconto, “La Collana di Turchese”, che sembra ripercorrere le orme dei romanzi epici, con la semplicità e l’umiltà di un uomo che ha speso la propria vita a servizio degli altri. Storia di un amore controverso, corrisposto dall’altra metà, ma con numerosi lati oscuri. Un incontro tra diverse etnie, con realtà socioculturali diametralmente opposte, ma con un unico filo rosso che stringe in una capanna i due cuori. I problemi soliti della vita, cose che noi tutti viviamo ogni giorno, fanno da contorno a una storia degna delle migliori fiction d’amore. La semplicità e la scorrevolezza nella lettura fanno da padroni a un testo breve ma denso di contenuti. Una forma omogenea e una grammatica chiara permettono a chiunque di fruire del racconto, senza incontrare alcun tipo di difficoltà di comprensione. La figura di umile servitore dello Stato, di integerrimo tutore della Legge, e di implacabile sognatore, trasuda da ogni parola di questo affascinante racconto. Tratto da una storia vera, i cui dettagli Nunzio non ha mai voluto svelare, lasciando nel dubbio anche i più superficiali e curiosi lettori, questo racconto è un compagno ideale da portare sotto l’ombrellone. Una fluida lettura, come quella che induce codesto scritto, permette di leggere le diciassette pagine del racconto tutte d’un fiato, in pochi minuti, e appena finito si torna indietro e si vuole leggere di nuovo. La riflessione sul senso dell’amore e la validità del tema interculturale, con la semplicità lessicale che Nunzio regala ai propri lettori, rendono il racconto fruibile da tutti, specie dal pubblico femminile. Se è vero che la vita frenetica moderna non lascia più spazio alle pause per delle belle letture, le vacanze estive potranno regalare un racconto breve e accattivante, reso tanto semplice quanto pregno di contenuti reali, dalla mano di Nunzio Di Giulio.
Vito Balzano







I personaggi, i fatti, le situazioni di questo racconto sono del tutto immaginari



  LA COLLANA DI TURCHESE


       Era un tranquillo pomeriggio di maggio, il sole splendeva ancora       
caldo, l’Ispettore di Polizia, come sua consuetudine, era nel suo ufficio, seduto alla sua scrivania, assorto da carte e documenti.   Davanti a sé una bottiglia d’acqua minerale mezza vuota e alcuni bicchieri di carta sparpagliati sul tavolo da un ventilatore acceso che si affannava nel tentativo di smuovere l’aria afosa e  umiditiccia.  Sentì bussare alla porta, si alzò per aprire, si trovò di fronte una giovane donna di rara bellezza che lasciò l’’Ispettore senza fiato, incapace di muoversi.   Quando finalmente riuscì a trovare la forza di riprendersi, con un gesto eloquente della mano le fece cenno di accomodarsi.    Era una creatura incantevole, alta almeno Mt. 1,75, i suoi capelli biondi le scendevano morbidamente sulle spalle, gli occhi di un verde-azzurro intenso sembravano gocce d’acqua rubate da un mare in tempesta, i lineamenti del viso erano molto delicati, la pelle pareva vellutata, le forme del suo corpo erano sinuose avvolte da una leggera tunica bianca che lasciava scoperta le lunghe braccia sottili e i polpacci ben torniti e abbronzati.   I raggi del sole entravano prepotentemente dalla finestra, avvolgendo la donna come in un’aura soprannaturale. Lei gli si sedette di fronte accavallò elegantemente le gambe, chiese cortesemente un bicchiere d’acqua, la sorseggiò assorta nei suoi pensieri e con una voce flebile e tremante ruppe il silenzio con una richiesta d’aiuto.“ Per favore ispettore mi aiuti ! ” l’‘appello non lasciava adito a dubbi, appena l’’Ispettore fece segno di parlare, la donna cominciò il suo racconto e le parole le uscirono dalla bocca come un fiume in piena che durante un temporale tracima gli argini e invade i campi circostanti. Si chiamava Luisa, aveva 30 anni, era sposata con Mario di 34 anni con cui aveva avuto due figlie, Sara di 11 anni e Rossana di 10, due belle ragazze, alte e longilinee molto somiglianti alla mamma. Com’era loro abitudine nei mesi estivi, Luisa e la a sua famiglia si recavano in spiaggia nella vicina città di mare. In auto a Luisa piaceva ascoltare le canzoni romantiche del suo idolo preferito Claudio BAGLIONI. La sua preferita era Poster (e andare…lontano…lontano…) Arrivati sulla spiaggia, il mare si presenta calmo di un azzurro intenso e invitante, gli ombrelloni erano vicini che si facevano ombra l’un l’altro; il marito le prepara la sdraio e si siede, le figlie corrono su bagnasciuga a raccogliere le conchiglie.  Luisa era sdraiata sulla  sdraio esposta al sole con il viso quasi del tutto coperto da moderni occhiali da sole, assorta nelle vicende d’’amore e di tradimenti dei personaggi famosi della rivista dalla  colorata copertina patinata. Mentre pensava alle vicende un po’ assurde ma in fondo banali di  quell’attrice straniera, dalle spalle le giunge una voce maschile dall’accento straniero. E’ un ragazzo, un extracomunitario, una di quelle povere anime del sud che per tutta la stagione estiva, carichi di mercanzia e delle più varie, ci fanno compagnia mentre prendiamo il sole o sorseggiamo una bibita sotto l’ombrellone.    Era alto, con gli occhi scuri profondi, sulla trentina, i suoi modi erano più gentili degli altri suoi colleghi e la voce era carezzevole sensuale tra le dita affusolate aveva una collana di turchese e la porgeva alla donna un po’ incuriosita, un po’ affascinata. Lei non rispose o forse non vuole interrompere quell’attimo intenso di elettricità che si era creata fra i loro sguardi. Senza guardare la collana ma con gli occhi fissi in quelli di lui, si allacciò il monile al collo. Sembrava fatto per lei, per stare intorno al suo collo, poi posarsi sulla sua pelle candita. Prima che lei potesse chiederne il prezzo, il ragazzo la stava già salutando gentilmente, mischiandosi tra la folla, scomparendo tra gli ombrelloni. Quella vicenda l’aveva sicuramente impressionata, tanto che Luisa, per il resto della giornata, non poté fare a meno di pensarci continuamente, celando il rossore che la tingeva le guance con il settimanale rosa che non era più riuscita a sfogliare, stupita delle emozioni e dei brividi che per brevi intensi attimi avevano attraversato la sua schiena.    Durante la notte quel ragazzo dalla voce suadente, dagli occhi profondi e da modi raffinati era stato il protagonista dei suoi sogni.  Il giorno seguente la famigliola ritorna al mare, mentre lei sdraiata al sole, la stessa voce la saluta e le chiede “ salve, signora,piace collana?”  Luisa la indossa ed ancora una volta non riuscì a dir niente.   Riuscì solo ad annuire col capo e ad accennare un sorriso. Lui la guardò affascinato, poi come se ormai fossero amici, prese a parlare di sé; disse di chiamarsi Omar, di essere laureato e di conoscere ben  cinque  lingue .  Luisa, come rapita dagli occhi di lui si presentò, si strinsero la mano e fu a quel punto che Omar come se già sapesse cosa sarebbe successo, furtivamente la mise tra le dita un piccolo pezzo di carta che lei istintivamente nascose tra le pagine del giornale che stava leggendo.   Solo alla sera, al rientro in casa, Luisa ebbe il coraggio di aprire il foglietto.   Vi era scritto un numero telefonico, nient’altro. La sua vita è monotona, le giornate sembrano l’’una fotocopia dell’altra e quel piccolo diversivo le  faceva scorrere il sangue più veloce nelle vene. Nei giorni che seguirono cercò di scorgere il suo volto sulla spiaggia , ma lui non tornò e le sue vacanze ormai giungevano al termine, ricominciò il lavoro, la solita routine quotidiana, la solita vita noiosa. Se valeva dare una scossa a tutto questo, tutto dipendeva da lei e da quel  minuscolo pezzetto di carta. Dopo molti giorni Luisa decise di comporre quel numero, dall’altro capo del filo il telefono squillava, dopo alcuni interminabili secondi, una voce amica, le mani tremavano,umide di sudore, poi finalmente riuscì a parlare prima con una voce flebile, rotta        dall’emozione, poi le parole cominciarono ad uscire dalla bocca come una valanga, era il cuore che gli suggeriva. Parlarono per oltre un’ora. Alla fine non c’era più tra loro ne imbarazzo, ne timidezza, solo una gran voglia di vedersi. Il suo pensiero ormai vola sempre a lui, nulla è più come prima  per lei, nulla della vita di prima può ancora sopportare, è tutto troppo piatto, monotono, grigio e lei ha bisogno di sentirsi viva come non mai.  Dopo alcuni giorni telefonò ad Omar, decisero di incontrarsi, lei lo avrebbe raggiunto nella città vicina dove lui viveva, niente avrebbe potuto fermarla. Si incontrarono nei giardini di quel piccolo paese come due ragazzini colti e sconvolti dalla prima cotta adolescenziale. Il cuore le batteva a mille, le gambe le tremavano,ma gli occhi non riuscivano a staccarsi da quel viso;era una forza  magnetica che impediva di guardare altrove, di pensare ad altro. La panchina su cui si erano seduti era abbastanza isolata e Luisa ed Omar lontani da occhi indiscreti,si lasciarono andare a tenere  effusioni d’amore. Le loro mani erano avvinghiate l’una all’altra e lei aveva poggiato il capo sulla sua spalla. Le parole non servivano,ormai erano intrappolati in un turbinio di emozioni  e brividi. Desideravano  stringersi, carezzarsi, baciarsi.  Ad un tratto lui si alzò e lei lo seguì senza porgli domande né dubbi,fino all’unico hotel della zona. La stanza  era in penombra , sembrava pulita, il ventilatore acceso faceva ondeggiare  la tenda:Si sedettero sul letto, lei, libera ormai di esprimere ciò che provava, lo abbracciò e in un attimo cedettero  alla passione fino ad ora repressa.  Lui era un uomo dolcissimo, la copriva di complimenti, i suoi baci erano teneri e passionali allo stesso tempo i loro respiri  si fondevano in un unico  alito d’amore,le mani di Omar sbottonavano avidamente la camicia di lei per scivolare sulla sua pelle morbida.   Lei fece lo stesso con lui, sentiva il sangue scorrere frenetico in lei, le sue labbra cercavano avidamente quelle di lui; erano inebriati dalla  passione . Quando i loro corpi si unirono Luisa sentì che quell’uomo era parte di lei,erano come due metà perfettamente riunite.  Finalmente i loro desideri furono appagati,era ormai il tramonto, dovevano lasciarsi,Luisa  doveva tornare alla sua vita che ora le sembrava ancora più noiosa e insopportabile.  Sentiva di essersi innamorata, che quell’infrangere le regole le aveva fatto scoprire quanto fosse ancora giovane, bella e desiderabile.   Appena poteva,Luisa prendeva l’autobus per raggiungere Omar.  Ogni volta era una nuova scoperta di emozioni mai provate che  sperava non finissero mai.  Quella sera Omar l’aveva accompagnata fino all’autobus e lei felice inebriata  di lui si voltò per salutarlo baciandolo.  Quando si andò  a sedere al suo posto si accorse che qualcuno la guardava scandalizzato.  Era una sua parente; Luisa si sentì  sprofondare in un baratro di vergogna e di disperazione.  Cosa avrebbe fatto ora, cosa sarebbe successo?  Come aveva immaginato  la  prima ad essere informata dell’accaduto fu sua madre.“Baciavi un marocchino?”  Così si indicano da queste parti  extracomunitari in genere.  Luisa  ha bisogno di confidare a qualcuno quello che sta provando, anche se sa che sua madre non  avrebbe mai capito. Le confessa  di essersi innamorata,che per lei non conta né razza né colore della pelle,ma per sua madre mantenere unita la famiglia è un comandamento a cui  non ci si può sottrarre a scapito dell’amore e della felicità personale.  Luisa per alcuni giorni si chiuse in casa da sola, non aveva voglia di uscire, ne di vedere gente,solo le  canzoni  romantiche del suo cantante preferito facevano da colonna sonora ai suoi ricordi. Una sera squillò  il telefono, era  Omar, Luisa senti un brivido risalire la schiena; lui le chiese di rincontrarsi, aveva bisogno di vederla, di sapere cosa fosse successo. Lei decise di andare, di rivederlo un’ultima volta, in fondo aveva diritto ad una spiegazione. Quando si incontrarono le parole furono poche, non servivano,le loro labbra si cercavano morbosamente, le lacrime si mischiavano diventando tutt’ uno con il sudore, i  loro corpi avvinti fremevano al contatto ma lei sentiva che  qualcosa si era spezzato tra loro e non sarebbe più stato come prima.  Prima di salutarsi, Omar con aria concitata e pensierosa le chiese un ultimo e importante favore, una famiglia araba, del suo paese, marito, moglie e due figli,avevano bisogno di un piccolo appartamento in città, solo lei con le sue conoscenze avrebbe potuto aiutarli, lui non conosceva nessun altro di cui potersi  fidare.  Luisa non poteva e non voleva deluderlo, riuscì a trovare un alloggio di poche pretese e la famiglia araba poté trasferirsi in città.   La donna aveva 24 anni era una fisioterapista, suo marito trentenne era un  infermiere, il suo sguardo  le incuteva paura ma i due divennero comunque amici di Luisa e lei cominciò a frequentarli assiduamente.  La loro casa divenne l’alcova di Luisa e Omar ma il paese era troppo piccolo  perché presto non si creassero delle situazioni imbarazzanti.  Infatti, durante la festa patronale, dopo aver passeggiato per le vie della città con suo marito e le sue  figlie,durante i fuochi pirotecnici Luisa notò il volto di Omar  tra la folla, a pochi passi da lei e suo marito.  A discapito suo, poi, presto, Luisa imparò che qualsiasi cosa  costruita sulle bugie, presto è destinata a crollare,come un castello di carta si accartoccia al primo leggero movimento del tavolo su cui  è costruito.   Fu  proprio la sua  nuova amica araba a minare la sua storia,raccontando le sue vicende con dovizia di particolari sul posto di lavoro.   E come si dice “ il paese è piccolo e la gente mormora”,la storia giunse a conoscenza di suo padre, un insegnante tradizionalista, che non perse tempo ad informare la  polizia.  Omar viene trovato senza permesso di soggiorno e presto fu rimpatriato nel suo paese lontano, lontano soprattutto da Luisa.   I due non possono più incontrasi, vedersi toccarsi ma nessuno può impedirgli di pensarsi, di dimenticarsi. Luisa venne a conoscenza del fatto che Omar risiedeva in un grande albergo  del  Marocco, così cominciò a telefonargli in maniera più  assidua.  Le loro conversazioni erano lunghe, tutti quei chilometri li dividevano e così cercavano di raccontarsi tutto ciò che facevano, tutto il loro amore, la sofferenza, la nostalgia la lontananza della persona amata. le bollette che giungevano, recavano cifre esorbitanti per poterle  pagare;Luisa prosciugò i pochi risparmi che aveva in banca e ben presto dovette chiederli in prestito all’amica  araba. Dopo alcuni mesi la  magrebina si rifiutò di aiutarla ancora e le consigliò di rivolgersi ad un suo amico, un medico benestante che avrebbe sicuramente trovato una soluzione per lei.   Di fronte all’ennesima bolletta, Luisa si trovò disperata.   Se non l’avesse pagata suo marito l’avrebbe scoperta ma lei non aveva più nessuno su cui poter contare.   Le sue notti divennero insonni, il suo unico pensiero era quel pezzo di carta minaccioso,il suo unico mezzo di collegamento con Omar era quell’apparecchio telefonico, messaggero di amore tanto utile quanto dispendioso. Non poteva fare altrimenti sarebbe andata dal medico.  Appena  entrò  nel suo studio, Luisa capì presto di che tipo di aiuto le avrebbe dato il professionista.   Lui la fa accomodare su un salottino di pelle, le parla di tante cose e stringe le sue mani, poi palesemente le dice che  le avrebbe dato qualsiasi cosa se  si fosse  concessa a lui.    Una via d’uscita alle sue preoccupazioni esisteva, a qualsiasi prezzo,le braccia del medico erano forti e la stringevano tanto che lei riusciva a malapena a respirare, lui continuava a ripeterle che sapeva tutta la storia con Omar promettendole che avrebbe fatto di tutto per farlo tornare in Italia. Luisa sentiva il respiro affannoso e caldo sul caldo ma sentiva i suo corpo freddo, immobile come un pezzo di marmo nelle mani di un artista venale intento a creare un’opera più per il guadagno che per ispirazione artistica.   Così di peso la prese,la poggiò sul suo letto e mentre dava sfogo ai suoi istinti lei cercava di pensare al suo Omar, ai suoi baci, alla sua  dolcezza; intanto le lacrime le bagnavano il viso e i singhiozzi si soffocavano in gola, il medico, incurante, pensava solo a suo piacere, era sopra di lei, le bloccava le braccia e le gambe ,come un leone affamato tiene la sua  preda fin quando non è sazio e ne  lascia la carcassa a terra alla mercè degli avvoltoi.  Alla fine le consegnò una consistente somma  di denaro e scomparve  in un’altra stanza lasciandola sola e nuda sul suo letto.   Quei soldi le permisero di estinguere i suoi debiti e approfittando  della  lontananza del marito per alcuni giorni, riuscì ad inventare una storia abbastanza plausibile per i suoi  genitori circa una gita parrocchiale per prendere il primo aereo e raggiungere Omar.  Lui la attendeva in aeroporto , era sempre più bella,sembrava un’attrice con quelli occhialini scuri e il foulard avvolto al collo.   La sua andatura era elegante, sicura e il suo sorriso smagliante,quando la scorse  tra la folla,i due  si recarono in un lussuosissimo  albergo della città,cenarono a lume di candela,bevvero champagne, poi  inebriati di felicità e d’amore salirono in camera. Un ventilatore a pala  sul soffitto arieggiava la stanza, dalla finestra giungevano romantiche melodie al cui ritmo alcune danzatrici muovevano il ventre ai bordi di una piscina ben illuminata. L’atmosfera era perfetta e Omar era l’uomo per lei. Si amarono intensamente con tutta l’anima  per tutta la notte. Al rientro in Italia, Luisa  ricadde nello stesso squallore che si era lasciata alla spalle per qualche giorno, il medico diceva di essersi innamorato di  lei, la chiamava continuamente invitandola nella sua casa- studio. Nonostante l’’interessamento del medico, Omar era  ancora così lontano. Anur, l’energumeno  marito della fisioterapista, che proprio grazie a lei aveva trovato una sistemazione in  Italia, con subdole menzogne su Omar attira Luisa in casa sua.  La minaccia ricattandola di riferire tutto a suo marito, poi le salta addosso, l’afferra con forza , le impedisce di urlare e di muoversi e fa ciò che vuole.   Luisa si sente crollare il mondo  addosso, cade nel  baratro della disperazione, quell’uomo, se così si può definire è stato capace di distruggere tutta la sua dignità,il suo stesso essere donna.  Ma i ricatti non terminavano, anche il medico minaccia di spiattellare la verità in giro e lei non può trovare conforto neanche  nella voce di Omar, a cui  non può  telefonare per mancanza di soldi.  Durante un loro incontro,il medico registra tutto con telecamera nascosta.  Ora le minacce diventano ancor più crudeli, tanto che Luisa viene offerta anche agli amici del medico, imprenditori, professionisti che fanno di lei  il loro zimbello.  Durante uno di questi appuntamenti perversi,Luisa conobbe Luca, una persona anziana che mostra di avere compassione per lei.  Lui è   sposato, con figli adulti, ed  è anche nonno,i due si incontrarono spesso nel palazzo lussuoso di Luca, si sentono spesso al telefono per fissare i loro incontri e proprio durante una di queste conversazioni, il marito di Luisa sente ciò che dicono. E’ il finimondo, volano botte e parolacce. Luisa malconcia riuscì a scappare. Nessuno nonostante le sue precarie condizioni si fermò per aiutarla.  Quando chiamò  Luca, lui corse a prenderla e senza pensarci due volte i due  scapparono in una città del nord, dove risedettero per circa due mesi.  Luisa avrebbe voluto spiegare tutto ciò che  era successo e come era  arrivata a ridursi così, ma non c’era nessuno ad ascoltarla, neanche le sue figlie.   Tutti la odiavano per ciò che aveva fatto alla sua famiglia. Quando tornarono in città, Luisa e Luca andarono a vivere insieme;Luisa ottenne la custodia delle figlie che a loro volta venivano maltrattate dalla nuova compagna del padre.   La vita di Luisa trascorreva infelice ma per lo meno i soldi non le mancavano   Omar era scomparso, ma non erano scomparsi, purtroppo, tutti gli uomini con cui aveva avuto a che fare.   Dagli sguardi  in cagnesco passarono alle minacce.   L’ombra di quella videocassetta era sempre in  agguato.   La sua vita era un inferno e lei non poteva permettere che lo fosse anche per le sue figlie.  Erano tutto ciò  che aveva, il bene più prezioso e tutto dipendeva da lei.  Era un caldo pomeriggio di maggio quando Luisa divenne l’artefice del suo destino e di quello delle sue ragazze . La cassetta  scomparve dalla circolazione e soprattutto dalla sua vita. Quel piccolo atto di coraggio, finalmente l’’aveva salvata.      
                              
da u racconto  di Nunzio  Di Giulio
Ispettore Capo della D.I.G.O.S.(Divisione Investigazioni Generali Operazioni Speciali)
del Commissariato di PS.

di Cerignola  

SEZIONE DI CANOSA DI PUGLIA. NUNZIO DI GIULIO - RACCONTO "NINA VUOLE VOLARE"









“Nina vuole volare” di Nunzio Di Giulio.


In occasione delle festività Pasquali, lanotiziaweb.it come ogni anno regala ai propri lettori un racconto breve frutto della penna di Nunzio Di Giulio, già vincitore del Premio Letterario Internazionale  Cavalieri  di San Valentino Poesia della Vita (Poesia  e Narrativa) – 1995 Città di Terni, e del Premio Letterario Nazionale “ Nicola Zingarelli V Edizione- 2013 Cerignola, nonché protagonista al Premio Dea Ebe Canosa di  Puglia -2014. L’autore, ancora una volta, dopo i successi di “La Collana di Turchese”, “Mio Nome Marinela” e “Mirta”, raccoglie e rielabora una storia molto toccante, dai contorni delicati e rischiosi, circa il vivere di una ragazza tra dignità e accettazione, abbandono e coraggio. Scene toccanti che il lettore può disegnare nella propria mente scorrendo le righe dello scritto senza lasciarsi intimidire dal tema, come quello della vita e delle emozioni di una persona disabile, assai scottante nella società d’oggi, provando le stesse sensazioni di chi, come Nina, vorrebbe volare… resta a voi scoprire se ci riuscirà!





Prefazione di Amanda
Poetessa





In questo  racconto di Nunzio Di Giulio, raccoglie la voce di una straordinaria ragazza.
Essa parla anche a nome di tutte quelle persone che con coraggio raccontano la loro esistenza, il modo in cui vengono trattate  da tutti coloro che incontrano sul loro cammino.
Una sopravvivenza alla pietà più  totale, per un rientro più totale nella società e insieme a tutti costruire La Società.
E’ un racconto corale, anche se da solista di un pezzo di vita, una vita dignitosa.
In un primo momento straziata, perseguitata, abbandonata ma che con coraggio, Nina, ha trovato la forza di ricostruire alla grande.
Questa voce ci costringe a riflettere sul significato di “minoranza” di “tolleranza” di “convivenza” di civiltà”.
Se si è disabili si comincia presto ad essere discriminati. Si inizia da bambini. E si prosegue da adulti. Ma guai a mollare. Bisogna combattere per i propri diritti. Sempre.
Una storia davvero speciale quella di Nina, che ha realizzato il sogno di vivere un proseguo di un’esistenza di una principessa. Di superare quelle barriere che si impongono quotidianamente nella vita di una persona disabile.                                                                                                   
                                                                   
                     
Nina, ci ha fatto capire che quelle persone definite normodotati,.. sono solo persone immature e piccole.. la normalità non significa nulla.. è quella che si ha nel  cuore e la passione di combattere per ciò in cui si crede.
Dobbiamo riuscire a cogliere la profondità e la densità  dei sentimenti. Delle emozioni di creare valori che muovono il nostro animo… come un dolce vento che increspa le onde del mare..
Questo è un racconto di un uomo che sa raccontare. Che riesce ad usare la parola e la frase con una musicalità da incantatore.
Egli ha avuto molteplici motivazioni che lo hanno spinto a scrivere questa storia, ma in lui. si trova anche la capacita di incuriosire e di affascinare i lettori, di riuscire  a prenderli sottobraccio e convincerli , in poche righe, a compiere insieme a lui il viaggio dentro una straordinaria storia che ci vuole donare.
Questa storia non deve essere percepita come un viaggio verso il dolore o verso l’angoscia, ma questo percorso deve trasformarsi in una esplorazione verso la ricerca della bellezza e della forza vitale espressa dallo spazio e dal tempo dei diversamente abili.
E’ una storia senza pietismo ma affrontata con grande freschezza , con grande civiltà che ci impone il rispetto e l’attenzione verso chi, da una posizione diversa e “inferiore”,  e capace di dimostrarci che è in grado di insegnare a noi…”normali”, volontà e forza vitale.

Amanda        

                              


                                                                                                                          

                                                                                                                                                                  

Nunzio   Di Giulio

Nina vuole volare

(Ogni riferimento a fatti,persone,luoghi  o cose è puramente casuale)

Nina, questo  è  il nome dell’unico personaggio del racconto, si sentiva ingabbiata sulla “sedia”. Senza via d’uscita e la sola aspettativa era quella non entusiasmante delle attenzioni forzate che  le venivano elargite dagli altri. Attenzioni che si riducevano a liberarla, in qualche modo,dai suoi bisogni primari. Si sentiva il prodotto del condizionamento psicologico esercitato dalla famiglia e dalla società. I loro atteggiamenti e comportamenti avevano provocato in lei quel carattere diffidente, ribelle, egoista ed egocentrico che, innescando un circolo vizioso, favoriva ancor più la sua emarginazione. In famiglia si sentiva  un  peso da portare qua e là  senza che mai nessuno tenesse in conto quello che in realtà voleva. Si comportavano come fosse una persona senza affetti, senza sentimenti, senza emozioni. Nella società si sentiva estranea, non in consonanza con ciò che andava fatto. Per tale motivo le relazioni sociali si esaurivano in nulla di fatto: a casa, a scuola, in Chiesa.
Frequentava la chiesa carica di  “ legittime”  aspettative : sperava di incontrare sguardi sinceri ed affettuosi e non ipocriti e sorrisi tendenziosi.
Lì, nella casa del Signore, sperava di vedere materializzarsi gli ideali di fratellanza, carità e solidarietà conclamati dal Signore. Le persone che la circondavano li sentiva,prima di essere amaramente delusa, coerentemente cristiani e, dunque, capaci di accoglierla con amorevole dedizione e non  di essere discriminata, offesa. Di essere accolta come la Maddalena, con amore, da Gesù Invece, Nina, si sentiva diversa anche nella casa di Dio.
La Chiesa, gli Uomini di Chiesa, già: quelli i cui esempi, non  le parole,avrebbero potuta sollevarla. Molto può una carezza, un sorriso di intesa, un’attenzione. Quelle piccole cose che  si fanno gigantesche quando una diversamente abile se le sente piovere nel cuore e nell’anima. Una persona così, una Persona a immagine di Dio, questo afferma la  Chiesa ed è una verità sacrosanta, non può essere ridotta all’ubbidienza remissiva.
Questo vogliono alcuni, ma anche non pochi; degli uomini che accettano la Parola di Cristo ma la disattendono nella pratica quotidiana a contatto con  il prossimo. Il BENE si fa, non si predica.  L’Evangelista Giovanni nel suo Vangelo, al versetto 21 del capitolo  Terzo lo dice esplicitamente: è nella verità di Cristo chi <>.
La  famiglia, la Scuola, la Chiesa avevano ridotto la vita di Nina a un inutile peso:il suo solo dovere era obbedienza e asservimento. A tanto, Nina  non ci stava! L’anima si sentiva stimolata a vivere invece, a  venire fuori. E l’atto liberatorio non tardò a manifestarsi:un imperativo! Ribellarsi, reagire, affermare le qualità e i diritti del proprio Io, della propria Personalità. Ma come fare, da dove cominciare? Respingendo gli “idoli” o i “miti” decantati ma non praticati dagli indifferenti: la fede, la speranza,la carità. Solo così,diceva a se stessa Nina, poteva  vivere la sua vita terrena: lottare per avere tutto quanto le era stato negato fino ad allora.  Cominciò in famiglia attraverso un
dialogo convinto e sostenuto dalla certezza delle sue ragioni.
Poi la ricerca, in campo sociale, di amici ed amicizie. E poi la rapida commossa maturazione di tutto l’essere la visse così, come un miracolo quando scopri di essere amata .L’amore. Quello che sale dalle viscere, dal cuore, dall’anima, nell’incontro con lui: un Amico, l’Amore.
Furono Luca e l’amore a rigenerarla, a  trasfigurarla, perché  l’amore è fatto di questo:di bellezza, di vita, di altruismo di dedizione perché di intima comprensione .Un contatto mai avuto e accaduto per
la prima volta: L’Amore, Il Bacio, un Duo che si fa una cosa sola.<>E così pensando si sentiva perdere nello sguardo intenso di Luca. Una Prima Volta,ripetibile nel tempo!
                                                                                                                                                             

Luca fu il suo principe azzurro. La favola di Cenerentola le scivolava addosso e nell’anima fiorirono lentamente gli affetti e i sentimenti, tutti intrisi di nuova forza, così che la sua diversità diventava particolarità e non totalità.
Furono necessari anni e anni e poi  quell’incontro  favoloso con l’Amore. E quindi veniva afferrata da Nina la certezza che, a tutto quel bene, non avrebbe mai più rinunciato.
Ma Luca non fu  l’unico uomo. Conobbe altri e tutti riuscirono a farla sentire a proprio agio, non più diversa.
Era cambiata anche fra gli amici,il rapporto sociale e amicale. Gestiva bene le modalità dello stare assieme e riusciva altresì a instaurare nuove amicizie.
Camminando per strada non mancava di imbattersi negli sguardi di sorrisi falsamente compiacenti, ma ormai non gli dolevano più di tanto sorretta dalla sopravvenuta maturità di vita. Semmai, pensava, erano loro adesso a fargli pena perché li reputava vittime della loro stessa viziata mentalità, gretta ed egoistica.
Nina ora camminava  a  testa alta ed era lei che decideva (in sé) sul valore di quei sguardi, di quel loro modo di sorridere  o di salutare.
Si rendeva conto, ora, che quelli, diversamente abili nella mente, non potevano capire quanto succedeva   a lei : il corpo non era fisicamente perfetto, ma aveva ormai raggiunto, con l’amore, serenità e successo nella vita lavorativa. Era lei, ora, insegnare qualcosa.
Altro cambiamento avvenne in Nina in campo scolastico. Si sentiva ESSERE, si sentiva VALERE, si sentiva OPERATIVA. E tanto era e fu molto per lei. Liberandosi dalla gravità fisica di una volta era cambiata anche la sua esteriorità:nel volto le raggiava la certezza di ESSERE.
Grazie alla scoperta della ricchezza spirituale Nina imponeva la sua personalità sino a non nascondere più la sua diversità.
Tanto può la  rigenerazione per virtù di  Eros.
Nina sapeva bene che <  una sola e la bottiglia non si getta mai piena>>. Perciò dalla scoperta dell’amore e  dall’accadimento miracoloso di quel  bacio, giurò a se stessa che non avrebbe buttato nulla di quanto stava nella bottiglia prima di gettarla via.
Nella sterminata esistenza umana nessuno è un atomo senza volontà e perciò non  doveva mai  mollare perché solo chi prova a volare sa che prima o poi può toccare il cielo. E l’amore permette a tutti di toccarlo!
L’avvenire  poteva ancora arricchirsi, si trattava di attendere con qualche  fiducia il domani.
 E l’arricchimento  arrivò quando Nina incontrò Viola, che portò in lei una ventata di rinnovamento  di fiducia nell’esistenza. Viola era una ragazza decisa a concretizzare le idee che si affacciavano nella sua mente. Difatti unitamente a quelle la soccorreva una forte volontà che la spingeva ad operare, ad agire. Era riuscita con il suo sereno ottimismo a crearsi una famiglia E Nina, a contatto con Viola e  a nuovi amici richiamati dalla presenza di Viola si chiedeva, meravigliata: <  mentalità comune??
 O  è proprio vero che bisogna aiutarsi per essere poi    ulteriormente aiutata ?>> Da questa faticosa acquisita coscienza che le permetteva di guardare
il futuro con  rinnovata fiducia capì e sperò che  davvero i suoi sogni potevano  avverarsi.
La diversità è senza alcun  dubbio un limite alla vita, è un far morire, dopo che viene fiaccato, il desiderio di vivere. E’ meglio morire! Ma poi accadono fatti imprevisti, primo fra tutti il bacio, l’amore e l’amicizia che modificano l’atteggiamento da tenere nei confronti dell’esistenza.
Quando poi si constata che nessuna donna, nessun uomo, l’umanità  tutta è messa di fronte ad  ostacoli di varia natura, la diversità viene intesa come un’avversità che, in vari modi colpisce tutti. Così questo vissuto di Nina si  muta in ragionato ottimismo e perciò lei pure incoraggiava gli altri quando le giornate si prospettavano nere. La fiducia nella vita, di qualunque colore sia, è un BENE da tenere presente; è un BENE da rinnovare giorno dopo giorno. Mai mollare. Tutti viviamo sotto lo stesso cielo. Fra sè e sè   NINA  esclamava: Coraggio, Coraggio!